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Enric Miralles - Parte Terza: opere

Appunti e Ricerche condotte nell’ambito del corso di Architettura e Composizione II

- Parte Prima: Periodizzazione, Linguaggi, Poetica, Bibliografia
- Parte Seconda: Opere - Placa dels paisos Catalans, Scuola La Llauna, Pergole a Parets del Valles
->Parte Terza: Opere - Cimitero di Igualada
- Parte Quarta: Opere (futura pubblicazione)

Cimitero di Igualada, Enric Miralles e Carmen Pinos, 1985-96


foto 1 - 2 - 3

Il cimitero di Igualada si pone come metafora, quanto mai lucida, dell'architettura come contenitore di vita. Ogni singolo elemento di questa costruzione può essere letto nella sua doppia matrice funzionale-espressiva, dove lo scorrere del tempo e il passaggio dell'uomo sulla terra sono materializzati nei solchi in cui si collocano le tombe. Ogni traccia sul pavimento è testimone dei ricordi che ogni individuo si lascia dietro, fino a giungere alla morte. Le "tracce" sono realizzate in legno non trattato in modo che si smaterializzino col tempo, metafora della fisicità che scompare. La polvere richiuderà queste ferite con il suo carico di vita, mentre le tombe si riempiranno di vite ormai finite.


foto 1

L'ingresso al cimitero è caratterizzato da strutture in metallo ossidato che evocano le tre croci del calvario. La strada d'accesso comincia la propria discesa verso il basso per escludere il mondo esterno e la sua frenesia. Il "fiume" materico conduce attraverso spazi che si modulano in maniera sempre diversa per evocare atmosfere cangianti. All’interno delle cappelle la luce penetra da lucernari che segnano la copertura-giardino. Interessanti appaiono i luoghi di sosta, risolti con delle panchine irregolari che emulano l'accostamento di bare affiorate dal terreno. L'aria viene resa densa dagli alberi filiformi. Impossibile non notare l'effetto "sepolcro" generato da discese con scale che affondano nei corpi architettonici.
Questa visone della morte, basata su visioni prese in prestito dall'immaginario collettivo come il "fiume", la pietra sepolcrale, la vita che sprofonda nel terreno per poi riemergere, ci parlano di un'analisi a più dimensioni: sociale, umana, rituale, profana e religiosa.
Miralles affermava che il suo ruolo è stato quello di estrarre l'opera dalla terra, rendendo manifesto ciò che esisteva già, così come Michelangelo "tirava fuori" i corpi da un blocco informe di materia. Gli scarti degli scavi sono stati utilizzati per fare muri di contenimento.
La moglie, Benedetta Tagliabue, afferma che la costruzione durò talmente tanto che l'immagine architettonica del cimitero condizionò i progetti successivi di Miralles. Potremmo dire che il maestro rimase inscindibilmente legato a questa opera e non solo in senso metaforico. Oggi le sue spoglie si trovano nei luoghi da lui stesso progettati. Sulla sua lapide qualcuno ha scritto "Menos es poco y sin ti nada".

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