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VENEZIA 2010 - Padiglione Italia: AILATI

Speciale VENEZIA 2010 su Petra Dura.

"Cacofonia: (dal greco ϰαϰοφονία kakophonia - kakos, cattivo + phonè, voce, suono) si riferisce ad un suono che risulta sgradevole all'udito per la successione disarmonica delle note di strumenti musicali o il ripetersi di sillabe uguali o simili in un discorso(...) La cacofonia viene spesso utilizzata in ambito di calembours linguistici o, ancora più spesso, negli scioglilingua. In questo caso, una cacofonia diventa voluta e ricercata per ottenere qualche particolare effetto sonoro che a volte, paradossalmente, perde il suo carattere cacofonico "cattivo" per diventare addirittura eufonico." (fonte wikipedia)

L'Italia del 2010 è una cacofonia che si è fatta eufonia. Il Padiglione Italia vuole tracciarne i tratti armonici per raccontarne un percorso corale. Tanti, tantissimi contributi accumunati da un solo elemento: lavorare AiLati delle correnti internazionali, sempre più presenti ma sempre meno pregnanti.

AILATI. Riflessi dal futuro.
Il tema del padiglione nasce dal riflesso della parola Italia. Vuole mettere l'Architettura italiana in contrapposizione al dibattito globale; vuole rimarcarne un percorso autonomo, laterale ma non marginale. Luca Molinari, curatore dalla mostra, ha l'arduo compito di discernere tra la caleidoscopica realtà nostrana. Un occhio al passato e uno al futuro, senza mai dimenticare che noi viviamo il presente.

Nascono così tre sezioni separate del padiglione:

- Passato: Amnesia nel presente. Italia 1990-2010.
Si tratta di un percorso che sonda la produzione architettonica dell'ultimo ventennio in Italia. Una lenta e faticosa risalita dalla marginalità italiana attraverso ben quattro generazioni di architetti.

- Presente: Laboratorio Italia.
E' la sezione più ampia. Raccoglie una moltitudine di lavori realizzati che vengono rappresentati con testi, immagini, plastici. Ogni progetto risponde ad una precisa domanda della contemporaneità. Si pone l'accento sulla buona architettura, quella etica, sostenibile, sociale. Un incessante brusio creato dall'intreccio di suoni, parole e commenti si pone come colonna sonora della mostra. Sono i molti temi inascoltati dell'istallazione audio "rumori di fondo".

- Futuro: Italia 2050
Questa sezione nasce con la collaborazione del mensile Wired. La rivista ha interpellato quattordici "visionari" per immaginare altrettanti temi per un futuro non troppo lontano: il 2050. Quattordici architetti, noti sperimentlisti, si sono presi l'incarico di tramutarli in installazioni.

Scorcio del Padiglio Italia, sezione "Laboratorio Italia" - foto originale di Daniela Bonanno

L'Italia del Padiglione Italia pone diversi spunti di riflessione. Tralasciando le analisi di dettaglio sulle singole sezioni, compito che affronteremo in altri post, proviamo a tirare le somme dell'esposizione nel suo complesso.

C'è crisi
"Ailati. Riflessi dal futuro è una narrazione corale e critica che cerca una via possibile all'uscita dalla crisi dell'architettura italiana contemporanea."(1)
Alla tragedia della crisi dell'architettura italiana, ormai ufficializzata e sbandierata con ogni mezzo possibile (2), si aggiunge la tragedia di un'ennesima soluzione. Questa volta si parla addirittura di "risposta necessaria". La retorica della "crisi", parola utilizzata per giustificare qualsiasi cosa e in qualsiasi ambito, ormai non convince più. Dalla crisi di governo alla crisi economica passando per quella energetica, dei consumi, dei valori. Ailati poteva benissimo fare a meno di presentarsi come movimento "partigiano" in contrapposizione ai soliti noti. Fuori dall'esposizione la rivista Wired (3) si pone in questo senso e come d'abitudine mette l'accento sul genio italico senza piangersi addosso.
Così, Ailati appare come il furbo tentativo di impostare una crititca architettonica dell'ultimo ventennio costruita su se stessa, più che la soluzione ad una ipotetica crisi.

L'arcipelago
Il lavoro del curatore, Luca Molinari, fa emergere un Italia fatta di piccole realtà che a fatica si emancipano dalla condizione nostrana. Sembrerebbe un minuscolo arcipelago poggiato su un mare di niente. Il tentativo di ricercare un percorso comune a tutti si fonda principalmente sul "lavorare ailati", affinità di condizione, ruolo, intenti. E' questo che si intende per "narrazione corale". Rimane, tuttavia, il dubbio che queste isole siano veramente ben collegate tra loro anche nella realtà. L'impressione che si ha che ai-lati faccia rima con ai-margini, condizione di isolamento più che di provincialismo. Merito al direttore per aver gettato un primo ponte di collegamento.

Un futuro AiLati
Il viaggio temporale del padiglione comincia nel 1991 e si conclude nel non troppo lontano 2050. Il passato e il presente vengono letti in bilico tra isolamento internazionale e lateralità rispetto l'agenda dettata dalle archistar. Da una parte l'inizio della paventata crisi e dell'altro il principale motivo d'orgoglio nazionale.
Il futuro? Nessun accenno che ci metta in linea con i nomi altisonanti dell'architettura globale. Un percorso fatto di buona architettura, consapevole di ciò che succede nel mondo, autonomo, che sappia essere anche alternativo se necessario. Molinari dice (4):
"Ogni volta che proviamo a rincorrere un centro che non c’è finiamo per risultare in ritardo, provinciali, quando abbiamo la capacità di produrre un pensiero laterale, allora produciamo contenuti freschi, esclusivi, unici, proprio perché la nostra è una storia di ricche anomalie, di ambiguità potentissime."
Insomma, un sogno che coincide con il sentire comune di chi si occupa d'architettura.

Dal basso
E' piacevole girare per le sezioni del padiglione Italia e vedere nomi nuovi rispetto il solito star system, scoprire iniziative fresce e giovani come quella de "L'Incompiuto Siciliano". In calo i contributi di archistar o presunti tali. Da quello che intuiamo questa epurazione continuerà anche in futuro. Tuttavia, occorre notare che l'assenza di archistar italiane non necessariamente indica l'assenza di archistar su suolo italiano. In Italia le opere d'architettura "firmate" aumentano sempre più e monopolizzano i dibattiti e la critica. Rimane da chiedersi se un paese che si muove Ailati possa vincere sul proprio terreno di gioco la battaglia con gli architetti globali. La risposta è tutt'altro che semplice. Molinari in un intervista (3) afferma:
"La generazione degli architetti 40enni ha fatto lo sforzo importante di mettere in piedi una forma di professionismo evoluto alla pari con il professionismo europeo. Penso ai 5+1AA, Camillo Botticini, C+S, Piuarch, Labics, Park, tutti questi progettisti negli ultimi 10 anni hanno riportato l’architettura italiana media in un raggio di professionalità evoluta, capace di fare bella architettura contemporanea per una committenza normale a costi di mercato giusti. Trovo anche che tutto questo sforzo abbia generato una forma di inevitabile conformismo rispetto al mainstream europeo, con il risultato che oggi in Italia si fa della buona architettura riconosciuta anche all’estero, ma che ancora manca una forma di sperimentazione e ricerca di valori autonomi, che dovrebbero dare un’identità e una personalità riconoscibile all’architettura italiana. Da una parte c’è stata la risposta a un professionismo evoluto, che ha aggiornato quello che la critica chiamava regionalismo critico, bravi professionisti che hanno fatto crescere i contesti in cui operavano, però dall’altra parte manca la dimensione di ricerca sperimentale, più sporca, imperfetta, propria di alcune delle esperienze più interessanti dell’architettura italiana dei decenni precedenti, quando con scarti concettuali improvvisi si generavano situazioni che davano vita a qualcosa di unico, a qualcosa di diverso a cui guardare."

Il grande assente.
Dove è finito il Web? Dove sono finite le iniziative che nascono, crescono e muoiono sulla rete? Come è possibile immaginare di descrivere un percorso Ailati eliminando da questa narrazione internet, realtà parallela e di confine per antonomasia? E come è possibile che questo sia accaduto sotto la supervisione della rivista Wired che negli ultimi mesi ha condotto una estenuante campagna per conferire alla rete e a tutti i suoi "abitanti" il nobel per la pace?
Con la parola "web" non ci riferiamo affatto alle architetture virtuali, alla second-architecture o alle sperimentazioni digitali in genere. Ci reiferiamo ad un luogo, un'officina di idee, una piattaforma comunicativa che ha cambiato il modo di intendere l'architettura. Pensate quale rivoluzione ha subito l'idea stessa di paesaggio con l'avvento di googlemap. Ci sarebbe piaciuto capire cosa la rete ha prodotto di buono in Italia.
"Laboratorio Italia è una rappresentazione critica delle ricerche in corso evidenziate soprattutto dalle sue opere costruite..." (1)
Con questa affermazione Molinari spazza via in un sol colpo il lavoro di centinai di persone che su internet tentano di costruire qualcosa di serio e pure tutte le sperimentazioni del nuovo millennio; spazza via la precedente biennale di architettura dal tema "Out there: Architecture Beyond Building".
Questa assenza testimonia forse la mediocrità della produzione della rete? La poca pregnanza dei lavori e dei fenomeni online? I dubbi rimangono.
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Bibliografia:
(1) - Estratti della presentazione di Ailati sulla brochure informativa.
(2) - riferimento a "L'appello degli architetti italiani" lettera del 2005 indirizzata a Ciampi e Berlusconi firmata da 35 illustri architetti italiani, pubblicata anche sul sito del corriere.it
(3) - "Perchè non dobbiamo avere paura" articolo scritto da Riccardo Luna per Wired Italia, settembre 2010. Disponibile anche online.
(4) - Intervista a Luca Molinari di Nicola Leonardi per theplan.it

Credits:
Curatore: Luca Molinari
Progetto allestimento: Francesco Librizzi e Salottobuono
Grafica e immagine coordinata: Tankboys
Catalogo: Skira
Sezioni Mostra:
- Amnesia nel presente: Maria Vittoria Capitanucci
(coordinamento)
- Laboratorio Italia: Michele Calzavara e Fabrizia Ippolito (coordinamento)
- Italia 2050: Wired e Simona Galateo

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