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Pensiero del giorno… l’Ultima Architettura

Da un po’ di giorni ho tirato fuori una vecchia serie televisiva che non vedevo da anni: Six Feet Under, un telefilm che narra le vicende di una famiglia di becchini americani.
Tra un paio di giorni mia zia verrà tirata fuori dalla loculo in cui riposa per essere piazzata altrove: aveva 52 anni quando è morta.
Non vi aspettate discorsi sul senso della vita, sull’aldilà, sul come, sul dove e soprattutto sul Chi. Mi sforzerò ancora una volta di parlarvi di architettura, l’ultima architettura per un uomo. Mi piacerebbe credere che le persone non debbano accendere dei mutui per comprare le nicchie in cui finiranno; mi piacerebbe credere che non esista un mercato immobiliare anche per questo; mi piacerebbe credere che non esistano sfratti per i morti; vorrei illudermi che la morte sia un “livella” proprio come raccontava Totò, ma vivo in un piccolo paese siciliano in cui a passeggiar tra le tombe ci si sente tra “cattedrali”. Ogni cappella spicca in altezza, in decorazioni, in sfarzo: la mania di avvicinarsi a dio usa sempre e soltanto il solito linguaggio seppure declinato in mille stili diversi: gotico, classico dorico, rinascimentale, imperiale anni ’40, brutalista in cemento armato. Sono belle, lussuose, accattivanti. Ti dicono: “vieni pure! Entra! rimani qui”… Il cumulo di pietre di cui parla Adolf Loos, viene sempre trasformato in qualcosa di più bello perché si ha paura che possa mai essere riconosciuto come tale.


"Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura."

È una finzione che dovrebbe aiutare a dimenticare o ad elaborare un lutto, o forse per fare gongolare un morto lassù. Eppure, per quanto lavoro vi si possa fare, per quanto materiale si possa usare o per quanti fiori vi si possano mettere la sensazione che quelli siano i luoghi più brutti della terra non tarda ad arrivare. Chi si trova a progettare in tali luoghi non può fare a meno di confrontarsi con le più grandi paure dell’uomo e soprattutto con i suoi più grandi vizi.
Per un certo periodo avevo guardato con ammirazione al Cimitero di Igualada di Enric Miralles: semplice, lineare, evocativo e mi ero pure illuso che quello fosse il giusto posto in cui andare a finire. Poi noto che la salma dell’architetto è stata posizionata in una cappella distaccata da quelli che sono i loculi tutti uguali e sovrapposti che costituiscono la maggior parte del cimitero. Comincio a credere che le categorie mentali di noi architetti non siano assolutamente adatte ad affrontare un tema come quello della morte. L’uomo non vuole finire in una cassa di legno grezzo e in un buco minimal, c’è poco da fare: vuole il meglio. Non siamo nati per morire, ecco tutto, e questo dovremmo ricordarlo. A pensarci bene, le “cattedrali” del mio paese non sono così male: rappresentano solo un legittimo desiderio di eternità…





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6 commenti:

  1. ho spesso pensato anch'io alla differenza tra i nostri cimiteri e quelli anglosassoni, dove una semplice corse o una lapide su un verde terreno indica la tua ultima dimora ... ma basti vedere Verona, Milano, Venezia, entrare in una delle nostre cattedrali ... la tomba è l'ultimo desiderio di immortalità che ci portiamo dietro... per quanto mi rigurda sarei felice se piantassero sopra alla mia carcassa una bella pianta .. magari un melo..

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  2. io mi farò cremare... meglio non lasciar traccia.
    Dove verrò sparso?! questo è tutto da vedere...

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  3. cerca di non finire nel mio aperitivo .. per favore ;-)

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  4. Non sono sicuro che l'architetto "moderno" abbia a priori rinunciato al tema della morte. Forse l'ipocrisia di alcuni, come quella di Miralles non gli ha permesso una riflessione così assoluta. Ma cosa dire di edifici come la Tomba Brion, dove la modestia dell'architetto ha voluto che le sue vesti si siano rannicchiate in un'angoletto del piccolo complesso. Veramente sconvolgente, da vedere dal vivo, soprattutto per "L'impianto sonoro" pensato.

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  5. complimenti, trovo il tuo post molto interessante...stimola molte riflessioni!

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  6. @peja
    beh... considerando l'architetto a cui ti riferisci direi che anche lui s'è fatto prendere la mano, se non altro rispetto a tutto il resto della sua produzione... che ne pensi?!

    @dade
    grazie ;)

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