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GIBELLINA - Capitolo 2: Architetture pubbliche

1 – Storia e Ricostruzione
2 – Architetture Pubbliche @
3 – Architetture Private
4 – Piazze e Spazi aperti
5 – Arte

A due anni dal sisma, lo Stato non si era ancora mobilitato per risolvere il problema dei senzatetto sopravvissuti alla catastrofe. Le più illustri personalità siciliane, Leonardo Sciascia, Carlo Levi, Renato Guttuso e molti altri, decisero allora di scrivere un appello all’opinione pubblica, organizzando una veglia tra le macerie nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio, in occasione dell’anniversario dell’evento. A quell’appello risposero solo intellettuali ed artisti; nonostante ciò la provocazione aveva colpito nel segno e qualcosa iniziò a muoversi.
L’intento primario, rispondere ad una necessità imprescindibile della collettività, si era tramutato in provocazione in grado di accendere aspri dibattiti sul ruolo dell’arte e dell’architettura, dibattito culminato concretamente nell’impianto di una città a partire da una “tabula rasa” fisica e culturale.
In questo contesto prese piede la polemica: tra tante opere d’arte e altrettanta disoccupazione gli abitanti non avrebbero provato un profondo senso di disagio e alienazione? Negli anni a seguire i quotidiani titolarono su storie di presunti saccheggi o sprechi di denaro pubblico durante la ricostruzione.
Ma c’era anche chi rispondeva ai detrattori che per un popolo che ha perso fisicamente le sue radici e la sua memoria, sono certo indispensabili scuole, ospedali e reti di servizi, ma non meno basilare è aprire le porte alla cultura. Solo l’arte avrebbe potuto creare in un luogo privo di storia per la comunità, un nuovo patrimonio culturale condiviso, una memoria dei luoghi, i segni distintivi di un tessuto urbano sul quale allocare nuovi ricordi.

Oggi il silenzio assoluto che si percepisce per le strade di Gibellina sembra in parte dare eco a quelle aspre polemiche. Tuttavia i segni materici della ricostruzione permangono, tangibili e suggestivi, e si impongono ad ogni sguardo sul fondale verdeggiante chiedendo maggiore valorizzazione e partecipazione.
Tra tutte le realizzazioni, quelle che, per il valore civico intrinseco, meglio incarnano l’ideale perseguito sono gli edifici pubblici. L’urbanistica ci insegna che sono proprio questi gli elementi identificativi di ogni città o paese, i segni che marcano luoghi ben precisi e punti di riferimento nell’ambito urbano.

Ecco i principali esempi d’autore offerti da Gibellina:

Municipio di Gregotti e Samonà

Si tratta di un edificio di grandi proporzioni, squadrato, elegante e funzionale, progettato da Vittorio Gregotti e da Giuseppe Samonà. La ricercata austerità è mitigata dai pannelli in ceramica policroma, firmati da Carla Accardi e da Pietro Consagra. I pannelli, di dimensioni medie 3x5 m, sono realizzati con mattonelle quadrate di 30 cm. All'interno del Municipio si trova la sala di riunione Agorà, sulla quale campeggia il mosaico di Gino Severini. Anche nel Municipio, dunque, l’idea dominante è quella di valorizzare l'arte, non fine alla mera contemplazione, ma come stimolo alla partecipazione alla vita collettiva. Di fronte al Municipio, nel mezzo dell’ampia piazza-giardino intitolata XV Gennaio 1968, svetta la Torre Civica dell'architetto milanese Mendini, accostata ai carri scenici di Arnaldo Pomodoro.

Meeting e Teatro di Pietro Consagra

Il Meeting, edificio-scultura che ospita i congressi di Gibellina, si erge gareggiando in altezza con le vicine colline. La sua struttura in cemento, acciaio e vetro si piega sinuosa materializzando una gigantesca scultura che "supera le sue funzioni pratiche", come affermava lo stesso Consagra. L'edificio, nell’ottica dell’artista, vuole andare aldilà della funzionalità, stabilendo un nuovo rapporto tra fruitore e oggetto, un rapporto che privilegi la spiritualità come contrappeso al moderno tecnicismo.
Il teatro adiacente, come sottolineano amareggiati anche i pochi gibellinesi incontrati, è in costruzione da qualche decennio.

Chiesa Madre di Ludovico Quaroni
Il fulcro della nuova città doveva essere un asse longitudinale segnato da un macro-organismo lineare composto dagli edifici del Centro civico, commerciale e culturale. La nuova Chiesa rappresentava il culmine, sia per la posizione baricentrica nella composizione geometrico-spaziale urbanistica, sia per la collocazione orografica, sulla collina che domina Gibellina.
Obiettivo fondamentale per Ludovico Quaroni era la creazione di una "Chiesa unica nel genere in quanto risponda alle condizioni economiche, territoriali e storiche della zona in cui sorge", che non facesse il verso alla tradizione architettonica religiosa.
Gli elementi chiave della tradizionale chiesa vengono scomposti e re-inventati: l’enorme sfera bianca individua la centralità dell’impianto e si connota come re-interpretazione della cupola, tipica sia della cristianità che del mondo arabo. La simbolica perfezione della sfera, che rappresenta l'Universo, la continuità, l'infinito, la totalità, si innesta su un materico cubo di cemento, segno della perfezione del raziocinio umano. La modularità permette di richiamarsi all’uso kahniano di scomporre il quadrato di base dell'edificio, dando luogo a blocchi differenti con differenti destinazioni d'uso. Nelle forme prevalgono dunque quelli che Quadroni definisce “dolorosi incastri” tra volumi o materiali diversi, che fanno della chiesa un luogo introverso e autoriflessivo.
Tra la progettazione e la realizzazione dell'edificio passano circa 15 anni. Nell'agosto del 1994 la copertura piana dell'aula dei fedeli crollò per lo stato di incuria ed abbandono. La copertura originaria in calcestruzzo armato dovrebbe essere sostituita da una articolata struttura metallica a traliccio. Oggi la struttura si trova in fase di restauro.

Museo civico d'Arte Contemporanea
Il Museo civico d'Arte Contemporanea, che dispone anche di un auditorium, custodisce un patrimonio di circa 1800 pezzi unici donati da prestigiosi artisti. La sezione “Idee per la città” espone i bozzetti delle opere collocate lungo le strade del paese.

Baglio Di Stefano di Aprile, Collovà, La Rocca
L’antica masseria, tra i pochi reperti parzialmente sopravvissuti al violento sisma, fu acquistata dall'amministrazione comunale e restaurata dagli architetti Marcella Aprile, Collovà e La Rocca. L'imponente complesso, appena fuori dalla città, rappresenta la memoria della cultura contadina locale, e oggi è sede di istituzioni culturali e universitarie, residenza di artisti e studiosi ospiti della città. La ristrutturazione ha è stata effettuata raccogliendo, ricomponendo ed interpretando attraverso i dati oggettivi (i ruderi ed il successivo rilievo) e quelli della memoria, la struttura essenziale del baglio. La matrice dell’insediamento è il recinto ottenuto dall'accostamento di più edifici, gerarchizzati funzionalmente. Il grande invaso, lastricato in ciottoli, da corte del baglio diventa una vera e propria piazza, con percorsi che perimetrano lo spazio o vi confluiscono dagli altri recinti del complesso. Tra le funzioni ospitate nel riuso un teatro all'aperto, uffici, una biblioteca, una sala di esposizioni temporanee e un giardino.

Nuovo cimitero di Consagra
L’accesso al luogo sacro è segnato dalle porte disegnate da Pietro Consagra, ispirate al “Riferimento all'unicità” e al “Riferimento all'irripetibile”. A pochi passi dall’ingresso troviamo la tomba dello stesso Consagra, omaggiata da tutti gli abitanti più anziani che ricordano l’impegno profuso dall’artista per la rinascita di Gibellina.

Palazzo Di Lorenzo di Venezia

Una singolare e intrigante casa-museo, che integra al suo interno la facciata di un antico edificio della vecchia Gibellina, accostando stili di epoche diverse. L'autore, l'architetto Francesco Venezia, spiega così il suo intervento: "...costruire oggi a Gibellina è l'impegno a ricostruire la ricostruzione: riprendere la totalità delle componenti nel segno del diritto inestinguibile di questi sito a ridiventare classico; ricostituire, per una comunità in cui urge il ripristino di equilibri interrotti, l'armonia con il suo intorno, riattivando capillarmente i rapporti con la natura: (ho voluto che il Museo delle Case Di Lorenzo, proprio per accogliere la testimonianza dentro Gibellina Nuova della Gibellina distrutta, fosse una macchina ottica per godere il paesaggio)". Si tratta di una struttura squadrata, in pietra chiara con riflessi color oro nelle giornate di sole. All'interno, di fronte alla facciata del vecchio palazzo, troviamo un percorso ascendente che giunge al piano superiore, racchiudendo lo spazio espositivo e offrendosi al tempo stesso come punto di osservazione privilegiato sul paesaggio circostante.

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