Ad Menu

Bernard Tschumy - Parte Seconda: Opere

Appunti e Ricerche condotte nell’ambito del corso di Architettura e Composizione II
->Parte Seconda: Opere

Per Tschumi l’architettura può essere definita e quindi dissociata attraverso tre elementi:
spazio, ovvero la costruzione dello spazio fisico materiale;
movimento del corpo nello spazio;
evento dell’uso.
Tschumi si chiede se può esistere un’architettura celebrata e al tempo stesso criticata; la risposta è che ciò può avvenire solo con l’architettura dell’evento, per la quale tutto ciò che avviene in essa è più importante di ciò che viene riferito.
In "Manhattan Trascipts" si ritrovano i tre livelli della realtà: l’evento, rappresentato da fotografie prese dalla cronaca, il movimento, attraverso diagrammi di movimento nello sport, e lo spazio, reso attraverso il disegno e la fotografia di edifici. L’esperienza dell’architetto si basa sulla stretta relazione tra questi tre livelli. L’inserimento del movimento produce l’abbattimento di alcune convenzioni relative alla rappresentazione. La sfida dell’architettura diventa non il sedurre, ma il mettere in moto operazioni di seduzione dell’inconscio, puntando sui suoi limiti. L’erotismo non sta né nello spazio né nei concetti, ma nella loro relazione.
La ripetizione di un evento inoltre consente di individuare aspetti dell’azione originale sfuggiti al controllo; tale ripetizione diventa programma, serie formale di comportamenti. È chiaro che negli edifici si possono operare cambiamenti di programma: le azioni qualificano lo spazio come lo spazio qualifica le azioni; questi elementi si influenzano solo nell’atto dell’intersezione, che non è mai fusione.

Parco della Villette, Parigi, Francia, 1982-97

Rappresenta la prima occasione per mettere in atto i principi della ricerca di Tschumi:
• il rifiuto della sintesi a favore della dissociazione e scomposizione;
• il rifiuto del binomio tradizionale forma-funzione a favore di sovrapposizione e giustapposizione;
• l’applicazione delle metodologie di frammentazione e combinazione.
Il bando di concorso chiedeva un parco urbano del ventunesimo secolo, che integrasse verde e servizi culturali e per il divertimento a favore della città. Non solo uno spazio dove nutrire lo spirito e ricreare il corpo, come nella concezione ottocentesca del parco, ma un luogo dove dimenticare la città e che al tempo stesso si integrasse con essa. L’area scelta era una periferia parigina degradata . Poiché il territorio è già saturo, Tschumi si rifiuta di inserire un ulteriore volume come contenitore delle funzioni e pertanto distribuisce le richieste programmatiche su tutta l’area. L’intervento lavora con la sovrapposizione di tre sistemi autonomi: PUNTI-LINEE-SUPERFICI, creando eventi attraverso l'interazione di ogni sistema con gli altri due.



Intersezione, incastro, incontro e unione determinano di volta in volta relazioni o reciproca indifferenza. I PUNTI sono strutture neutre, indifferenziate, in metallo rosso, denominate folies (10x10x10 m), che attendono di essere qualificate in senso formale e funzionale. Esse sono distribuite uniformemente sul parco, secondo una griglia quadrata detta mediator (passo 120 m); si tratta di segni autonomi che consentono il massimo di flessibilità program matica e invenzione. La LINEE sono due importanti assi di percorrenza pedonale, che attraversano l’area nei due sensi incrociandosi e stabilendo connessioni con il quartiere e la città. Ognuna è accompagnata da un percorso coperto per proteggere l’ingresso alle follies. Il sistema comprende anche i sentieri che formano la Promenade Cinematique, un percorso curvilineo apparentemente casuale che costeggia varie parti del parco. Quando questo incrocia i due assi si determinano “incontri imprevisti”, ovvero i giardini tematici realizzati da altri progettisti. Le aree non trattate dal programma sono trattate a prato o a ghiaia, per completare l’idea di libertà programmata.

Glass Video Gallery, Groningen, Paesi Bassi, 1990

Nell’ambito dell’iniziativa What a wonderful world, sulla scia del decostruttivismo, Tschumi è invitato a progettare uno dei cinque padiglioni tematici relativi al rapporto tra architettura e videomusic. La peculiarità del suo progetto sta nella decostruzione di un’immagine della quotidianità: una scatola che trasmette immagini e suoni all’interno di una stanza buia, come una tv in una casa. Lo scopo è quello di rovesciare il carattere del contesto in cui tale rito privato è celebrato, per cui la costruzione è completamente realizzata in vetro, al fine di renderla permeabile alla vista di tutti fino a mettere in crisi la sua stessa solidità. Si tratta di un fragile prisma cavo posto su plinti di cemento inclinati lungo due direttrici per dare al fruitore un senso di disagio ed instabilità. Il percorso interno è articolato attraverso lastre di vetro strutturale che scandiscono lo spazio delimitando gli ambiti che contengono le strutture a torre dei monitor. Il riflesso della natura all’esterno moltiplica il gioco delle immagini.


Lerner Hall Student Center della Columbia University, New York, USA

L'impianto è organizzato sulla base di due corpi contrapposti, mentre lo spazio intermedio costituisce il vero fulcro del progetto, punto di scambio dinamico protetto da vetro strutturale. Tschumi introduce poi nello spazio interno una struttura importante per la circolazione, il cuore della “cittadella degli studenti” nel quale si legge l’in-between, con la duplice funzione di legare il composito insieme di luoghi, aggregare gli spazi e proporsi come punto d’incontro e sosta.

Ampliamento del MoMA, Manhattan, USA

L'intervento si presentava inizialmente come intervento fortemente condizionato dalla preesistenza di edifici ritenuti storici e quindi immodificabili. La proposta di Tschumi è basata su tre nuclei tematici:
• la ricerca di un accordo tra gli edifici da conservare e le nuove volumetrie, che consenta di leggere continuità pur mantenendo le singole identità storiche presenti; per questo rinuncia ad un segno esteriore unificante incapsulando gli edifici in un’armatura concettuale assimilabile ad una colata lavica che viene scavata creando una sequenza di vuoti;
• la creazione di una interconnessione che sia strutturale ed anche concettuale, creata attraverso una molteplicità di percorsi;
• il rovesciamento verso l’esterno degli spazi delle gallerie per godere dell’illuminazione naturale.

Villa privata, L'Aia, Paesi Bassi

La trasparenza è quì usata come mezzo di relazione con la società contemporanea, nella quale internet smaterializza le pareti delle nostre abitazioni. La casa diventa una stanza immersa nella casa che è la città. Infine ricordiamo il complesso polifunzionale di Rouen (nei pressi di Parigi), pensato allo scopo di incrementare lo sviluppo economico e culturale del territorio. Il complesso è costituito da un vasto piazzale rettangolare ed un imponente volume ad anello dal profilo semicircolare, che ospita un vasto auditorium. È questo elemento a calamitare l’occhio dell’osservatore, con la rottura della dominante orizzontalità del paesaggio che non presenta segni forti. La struttura di copertura è sorretta da tre esili tralicci metallici; grazie ad essi Tschumi riesce a contrastare l’effetto di isolamento dell’oggetto nel contesto creando innesto tra naturale ed artificiale. La trasparenza delle parte inferiore fa apparire il volume sospeso. La regolarità della figura è spezzata dalla sezione variabile spiraliforme. Il doppio involucro, quello strutturale/acustico e quello per la sicurezza/climatizzazione, definisce uno spazio interno che può essere considerati in-between.

1 commento:

  1. Nonostante i numerosi detrattori (soprattutto francesi), credo che il Parc de la Villette rappresenti un'opera interessante di risanamento urbano (l'area era un vecchio mattatoio, e forse le griglie rosse ne sono un ricordo...): ci sono stato diverse volte e devo ammettere che è riusciuto a coniugare l'idea di parco urbano (il cui prodomo forse rimane comunque Central Park) con quello di luogo di aggregazione; nelle giornate di sole è molto bello fare un pic-nic ascoltando qualche musicista di strada.
    Probabilmente la buona riuscita è data dal senso di "non compiuto" o meglio del senso di "non pre-costituito" dell'intera area, che sembra dominata più dal caso che dalla necessità.
    Inoltre credo che la sdrammatizzazione del costruttivismo (che sembrava dimenticato, ma che Eisenman sembra continuamente voler ritirare fuori dal cilindro) con il colore rosso sia geniale.
    Ciao

    Matteo

    RispondiElimina