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Casa Moller – Vienna 1928 – Adolf Loos

Tutti i maggiori critici d’arte sono d’accordo che gli elementi caratterizzanti la poetica loosiana siano:
-l’assenza d’ornamento, lo stesso Loos scrive un libro dal titolo “ornamento e delitto”;
-la convinzione che l’architettura non sia un’arte ma sia a servizio di uno scopo, l’abitare;
-elencato per ultimo, ma forse il più importante, l’invenzione del Raumplan.

Zevi scrive che Loos era persuaso che l’obbiettivo dell’evoluzione umana fosse di individuare la bellezza nella forma funzionale anziché demandarla ad orpelli compensatori, sovrastrutturali, ingannevoli e deteriori anche se di gusto squisito; lo stesso Loos nel suo libro “parole nel vuoto” scrive: <<…siamo contenti di comprare i cofanetti per le sigarette lisci, pagandoli anche il quadruplo di quelli decorati…>>, <<…soltanto una piccolissima parte dell’architettura appartiene all’arte, il sepolcro e il monumento, il resto, tutto ciò che è al servizio di uno scopo, deve essere escluso dal regno dell’arte…>>. L’idea che Loos fosse contrario all’ornamento, e favorevole all’opera solo se questa risulta funzionale, ci viene espressa oltre che da Zevi e Frampton anche da De Fusco, che scrive: <<…casa Steiner non si distingue per la sua bellezza,anzi la fronte sulla strada, decisamente brutta col suo tetto curvo, poteva essere concepita, forse polemicamente, solo da un autore che escludeva l’architettura dal novero delle arti per il fatto stesso che assolveva ad una funzione…>>. L’autore boccia la casa e dice che è decisamente brutta, ma la salva comunque perché è funzionale (un tetto curvo può essere utilizzato meglio di uno a falde).
Il Raumplan come lo definisce Ludwig Mϋnz è: la progettazione di stanze che, non più vincolate ad un piano uguale per tutte, stanno a livelli diversi. A seconda del loro scopo e significato, gli ambienti variano d’altezza, oltre che di grandezza, correlandosi in un tutto armonico e inscindibile che sfrutta al massimo il blocco edilizio. Pensando solo in termini di piani sovrapposti per ottenere la stessa superficie abitabile occorre un’area più vasta, ciòequivale ad allungare i corridoi, complicare la manutenzione, diminuire le comodità, accrescere i costi,
sperperare lo spazio. Essa comporta che, per illuminare le stanze, le finestre non siano più allineate in sequenze rigide, ma si dispongano liberamente onde riflettere le specifiche esigenze. L’esterno diviene così il verace involucro dell’interno.
Sia Zevi che Frampton che De Fusco sono concordi che il Raumplan sia l’elemento che più caratterizza Loos, ma soprattutto sia una delle più importanti invenzioni architettoniche perché permette di fondere ambienti oltre che orizzontalmente anche verticalmente, e per questo, a mio parere, è superiore alla pianta libera che fonde ambienti solo orizzontalmente.
Per progettare uno spazio utilizzando la tecnica del Raumplan non sono più sufficienti piante e prospetti, ma sono indispensabili le sezioni e le prospettive, perché la progettazione non sarà più bidimensionale, ma tridimensionale .
Un altro tema caratterizzante Loos, che spesso non viene ricordato, ma che si coglie facilmente nei suoi scritti, è quello di concepire la casa come rifugio per l’uomo, che quindi lo deve rispecchiare e che la deve vedere propria senza sentirsi mai a disagio; questo porterà al fatto che non può essere legata a nessuno stile, ne può seguire alcuna moda, perché gli uomini sono l’uno differente dall’altro e per questo vivrà in eterno.

In casa Moller può essere racchiuso tutto il pensiero loosiano perché possiamo ritrovare il rifiuto dell’ornamento; il procedere dall’interno verso l’esterno, e quindi quest’ultimo rispecchia il primo; il Raumplan; e la casa come rifugio.L’assenza d’ornamento si evince sin dall’esterno. Le facciate potrebbero sembrare simmetriche soprattutto quella sulla Starkfriedgasse, ma la simmetria scaturisce dal fatto di voler portare l’architettura all’essenziale, “architettura della negazione”, “del puro segno”; il muro è la griglia che ingabbia l’intera composizione; la forma delle finestre liberata da ogni ornamento, portata all’essenziale, derivata solo
dal loro uso, è ridotta all’elementarità, intesa come buco nel piano del muro. Nel prospetto principale queste non sono disposte in una maniera simmetrica, ne hanno la stesse dimensione o forma, perché queste sono dettate dall’uso dell’ambienti interni, perché essendo differenti hanno differenti esigenze d’illuminazione e aerazione.Nella facciata principale troviamo un unico corpo aggettante che è quello di un parallelepipedo che non ha ragion d’esserci se non quella di contenere uno spazio interno.

La porta d’ingresso si apre su un atrio molto compresso, poco profondo, che rappresenta un polo di smistamento. Sulla destra troviamo il primo gruppo di scale che conduce ad un luminoso guardaroba alto 2,50 metri, da questo si diparte un’altra scala che si snoda ad angolo retto e porta al soggiorno a più livelli. Nel soggiorno, alzata di cinque gradini, c’è una zona più riparata, quella che nel prospetto corrisponde al volume aggettante, è quasi isolata, la zona che per Loos è il rifugio dell’uomo, la sua “tana”, dove può sentirsi a suo agio e protetto; già dalle immagini si può captare il gran calore che questa riesce a fornire, grazie all’attenta scelta dei materiali in predominanza di legno.

Il soggiorno è alto 3,20 metri e la “tana” 2,50 metri, la differenza d’altezza, otre che di quota e la presenza delle scale, divide la zona del soggiorno più pubblica da quella della “tana” più isolata e intima. Da questo si evince che il raumplan non è utile solo dal punto di vista economico, ma è anche carico di valenze psicologiche.Il soggiorno è collegato con la sala della musica che a sua volta è legata a quella da pranzo, settanta centimetri più in alto. L’unico modo, dalla sala della musica, per accedere alla sala da pranzo è attraverso una scaletta pieghevole, ben nascosta alla base; quando la scaletta è chiusa gli ambienti saranno completamente estranei, perché oltre alla differenza di quota, stavolta non abbiamo neppure un collegamento materiale, e i due ambienti saranno in relazione soltanto visivamente. La differenza dei due ambienti ci è anche sottolineata dall’uso dei materiali, che se pur simili sono distinti, infatti, la sala da pranzo è rivestita da pannelli di compensato con agli angoli pilastri sporgenti rivestiti in travertino. Nella sala della musica predominano le tinte scure dei pannelli di rivestimento che giungono sino al soffitto, a questi si aggiunge il pavimento di ebano a determinare un’ atmosfera calda. Qui come nel resto della casa i mobili fanno parte dell’ architettura, ad esempio la credenza, della sala da pranzo, è rinchiusa nella parete, e l’unico elemento mobile è il tavolo con le sedie. I salti di quota sono il fulcro di tutto l’edificio e per crearli sono indispensabili le scale che dovranno essere di vario tipo. Come abbiamo visto le scale di pochi gradini fanno parte dello stresso ambiente, come ovvio, ma in questa casa anche le scale di collegamento di piani non sono concepite come isolate, ma sono inserite negli stessi ambienti; infatti le loro pareti laterali sono bucate per permettere il contatto visivo, e per non abbandonare definitivamente un ambiente in un istante, ma man mano.A mio parere Loos fa parte dei grandi maestri perché è stato uno dei primi a sperimentare la pianta libera, a ridurre l’ornamento, a non farsi sottomettere dalle mode, a procedere dall’interno verso l’esterno e ad indagare anche gli aspetti psicologici dell’abitare; tutte prerogative della modernità.

Bibliografia

-Parole nel vuoto, Adolf Loos, Adelphi Editire, Milano, 1992.
-Mille anni d’architettura in Europa, Renato De Fusco, Edizioni Laterza, Roma, 1993, pag 600.
-Storia dell’architettura moderna, Kenneth Frampton, Zanichelli Editore, Bologna, 1986, pag.96-102.
-Storia dell’architettura moderna, Bruno Zevi, Einaudi, Torino, 2004, pag. 87-92.
-Adolf Loos, Benedetto Gravagnuolo, Idea Books Editore, Milano, 1981, pag. 194-198.
-Domus, no 714, 1990, marzo, pag. 4-5.
-Casabella, vol. 54, no 565, 1990, febbraio, pag. 23-24.
-L’architettura, no 5, 1965, settembre, pag. 411-414.

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