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VENEZIA 2010 - Padiglione Ungheria: Borderline Architecture

Speciale VENEZIA 2010 su Petra Dura.

Il disegno è uno degli strumenti che possediamo per esternare la nostra intimità. E il momento in cui lo schizzo viene rivelato è quello in cui ci si mette in gioco, in cui si spera di essere capiti e ci si aspettano critiche: nel preciso istante in cui si rivolge il foglio all’esterno avviene l’ingresso di altri nel disegno. Tuttavia passa del tempo fino ad ottenere un disegno finito ed essere capaci di renderlo manifesto, tempo in cui avvengono cancellazioni e ripensamenti, ma quando si arriva a quello definitivo si è pronti per dichiararsi e prendere una precisa posizione.Nello schizzo sta l’anima del progetto, la sua massima espressione poichè è il luogo in cui si sviluppa il pensiero allo stato puro. Queste sono le ragioni che fanno della linea, in quanto elemento primordiale del disegno, il tema del Padiglione Ungheria.

I curatori del padiglione sono gli architetti Andor Wesselényi-Garay (1969 , Szeged), autore di circa trecento articoli, saggi, recensioni e studi, pubblicati nei periodici ATRIUM, ALAPRAJZ, Me r-U e in www.wergida.blogspot.com, e Marcel Ferencz (1970 ,Miskolc), entrambi professori associati presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Debrecen.

L'ispirazione per il Padiglione venne nella primavera del 2009, ad una conferenza di architettura di Zagabria, dove Alvaro Siza era l'ultimo oratore. Alla fine della lezione, Marcel Ferencz si aggiunse alla coda per l’autografo. E mentre nei volti della gente c’era molto nervosismo, venne il turno di Marcel. Questi, consegnata la monografia disse: "Un grande grafico per favore!" Siza guardò Marcel, sorrise e poi rispose: "Vedo che sei dedito allo sport ... sai cosa? Disegnerò un atleta in movimento in un centro sportivo." Prese il pennarello consegnatogli e con alcuni colpi abbozzò una figura scattante. Improvvisamente l'aria intorno ad Alvaro Siza si congelò, la gente in coda tacque e gli altri in piedi intorno rimasero in silenzio a guardare, come se questo piccolo disegno avesse esercitato un potere magico. Da qui nasce l’idea del Padiglione.


La sfida dei due architetti consisteva nel trovare e presentare visivamente l'unità nucleare di architettura. Le installazioni pongono al centro l’origine dell’idea architettonica espressa attraverso la matita, materia prima dell’architettura e comune denominatore del lavoro di tutti gli architetti, qualunque sia la loro nazionalità, età e grado. Milioni di matite, affilate e spesso dimenticate dentro i cassetti, sono state raccolte con l’aiuto di molte scuole e sono state appese a fili che, tendendosi, rappresentano linee perfettamente rette. L’insieme di corde sottili danno vita a colonne e talvolta la loro diversa lunghezza riporta la terza dimensione, così come da un insieme di linee si genera la prospettiva.
E “come per magia” i fili scendono anche dal cortile esterno. Nel padiglione i gesti sulla carta si evolvono in un edificio completo. Le matite non sono solo dei mezzi per scrivere ma ricordi di persone e gesti, così come i disegni appesi attorno il cortile.
“Le matite di questa mostra rappresentano tutti noi”


La nascita della linea e la sua organizzazione in architettura si esplica in un film, proiettato nella sala interna e realizzato con la partecipazione di architetti ungheresi e stranieri nell’atto di trasformare l’idea in realtà. Nonostante le qualità individuali siano difficili da canonizzare, tutte contengono un elemento comune, la naturalezza. Ci si insinua nella solitudine dei loro studi e nell’intimità della loro scrivania per chiedere loro di disegnare di fronte una telecamera. Gli architetti del padiglione raccontano che superata la frustrazione iniziale e tracciata la prima linea, divenne tutto naturale, forse è stato proprio l’atto del disegnare a trasformare un momento imbarazzante in una situazione quotidiana.


Line 
(di Marcel Ferencz)

I summon you, hand
since my brain is unable to converse with me.

I implore you hand, Infinite You dwelling deep,
lift me from the torrent of my thoughts into your ethereal world.

Hand, guide me, give me time and a mystery my intellect cannot unravel.
Make me empty again before myself.

Draw hand,
draw apart the trodden paths of my jostling mind,
create the infinite in me.

My lines are no longer a slave to self-knowledge,
but serve you, my innocent years.

Hand, let me enter briefly through your lines
the place from where there is no desire to return.
______________________________

Sito Ufficiale:
http://borderlinearchitecture.com

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