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Monastero La Tourette presso Lione 1952-60 di Le Corbusier

Tesina scritta nell'ambito del corso di storia dell'Architettura II

Dopo la bomba di Rochamp (1950-53) Le Corbusier si trova davanti una scelta critica che conduce a due differenti approdi: da un lato la "vecchia" poetica purista; dall'altro un espressionismo radicale. Entrambe le strade erano percorribili perché una significava proseguire gli ideali di tutta una vita, l'altra presentava un cammino spianato dal caso di Notre-Dame du Haut. Il convento La Tourette presso Lione (1952-60) è la risposta che dichiara di non aver optato in modo drastico verso nessun estremismo: non ritorna su i suoi passi e tanto meno rinnega la lezione del post-guerra. Nasce un "gioco di volumi sotto la luce" ad alto impatto emotivo, che si pregia di un brutalismo ante litteram. Ma queste considerazioni di tipo stilistico male si prestano a descrivere il genio di Le Corbusier e la meraviglia di La Tourette. Partiamo dall'analisi della pianta visto che secondo il maestro è proprio questa a gettare le basi per la gestione dell'architettura. La prima cosa notiamo è un impianto rigidamente rettangolare che pian piano si svela ai nostri occhi come un quadrato, successivamente reso rettangolo dalla aggiunta di un corpo di fabbrica (la chiesa vera e propria): planimetricamente separati, volumetricamente autonomi . La chiesa sottolinea il distacco dal resto del convento con il trattamento continuo della superficie esterna che appesantisce ulteriormente gli spessi setti murari. Questa soluzione è logica se si considera la sua disposizione a nord rispetto l'intero impianto. Le aperture invece non mancano nel convento vero e proprio le quali vengono associate a pilastri (ma non pilotis) . Nel lessico dell'architettura moderna questo è sintomatico di una chiara intenzione: voler rinnegare le geometrie e i volumi puri a favore di una spazialità che si piega all'interpretazione individuale. Lavoro simile, ma meno rigoroso di quello fatto da Louis Kahn. Il risultato è positivo se si guarda al dettaglio , ma l'impianto nel suo complesso e indissolubilmente percepito come un parallelepipedo a cui nulla serve l'infaticabile scavare di terrazze verso l'interno (tetti-giardino).
Le piante dei diversi piani ci parlano di una suddivisione funzionale fatta per livelli. All'ultimo si collocano le celle dei dormitori che rivelano un funzionalismo inscindibilmente legato alla ortogonalità e coerentemente manifesto all'esterno: ad ogni apertura corrisponde una cella. Nei corridoi l'illuminazione è affidata ad ininterrotti tagli orizzontali che segnano il percorso. Ma questa zona è l'unica a presentare un'illuminazione, per così dire, razionale. Giacché il complesso segue linee sostanzialmente ortogonali l'espressività della costruzione viene affidata principalmente alla luce. Quindi trattamento particolare è riservato a tutte le aperture. Alcune sfruttano una soleggiamento diretto, altre una luce zenitale; finestre come ritagli nel muro, finestre come sostituzione del muro; vetri trasparenti, vetri opachi. Ogni cosa nasce da febbrile ricerca. Ma tra tutte le aperture qui elencate, quelle che maggiormente connotano l'impianto sono i tre tubi convogliatori sopra la cappella. Un interessante lettura di questi elementi a reazione poetica e della loro forma nasce dall'analisi della disposizione. Il corpo di fabbrica infatti è situato a nord ed è inoltre schermato dalla chiesa vera e propria. Ma Le Corbusier non si accontenta di lasciarlo nell'ombra quindi lo svincola dalla parete principale come a volerlo espandere alla ricerca della luce. La parte a est è quella più pronunciata quasi per voler raccogliere i primi raggi del sole. Non a caso il primo tubo si estroflette donando la sua imboccatura ad est. Quello centrale col la sua perpendicolarità meglio raccoglie la luce di mezzogiorno. Estensione ed apertura ad ovest per il terzo tubo che così convoglia gli ultimi raggi pomeridiani. Ne risulta un ambiente illuminato sempre in maniera differente.
L'effetto emotivo viene affrontato sotto altri aspetti oltre che quello della luce. Vediamo di coglierne i tratti più importanti.
Le panchine della Chiesa sono disposte frontalmente. Non si registra una volontà comunitaria-partecipativa in questa scelta bensì la spregiudicata intenzione di mettere a disagio il fedele costringendolo a far mostra di uno tra gli atti umani più intimi e privati: la preghiera. Il tempo in cui far sfoggio del proprio credo è passato e Le Corbusier lo sa bene.
Fa riflettere la scelta di mettere l'altare sul podio gradonato e poi creare una scala laterale. Qui si vive il disagio della scelta e ancora di più nella cappella dove con abili giochi di volume, si è indotti a non sostare, ma proseguire in una discesa di cui non si vede la fine. Pareti rastremate in sommità fanno perdere la verticalità e gravano sul senso di smarrimento. Lo spoglio cemento armato non dà alcun aiuto e tanto meno serve a fissare un punto di riferimento. Tutti questi elementi contribuiscono ad un'esplosione emozionale controbilanciata da giochi di geometrie, volumi puri, pareti spoglie che riportano ad un senso contemplativo, quasi di stasi.
È possibile rintracciare tutte le invarianti dell'architettura moderna di Bruno Zevi. Particolare indagine dovrebbe essere riservata al rapporto con il contesto, con il terreno: qualsiasi ipotesi non è definitiva: distacco totale alla maniera del razionalismo? Lieve coinvolgimento wrightiano? Forse la risposta sta in mezzo. Di certo non c’è “mimesi” miesiana e tanto meno mimesi propriamente detta.
Ritengo che l'importanza di questa opera sia da ricercare nella critica che Le Corbusier formula allo stereotipo di monastero stesso. Svincolato da ogni pregiudizio, da ogni sintesi a priori riesce a fare architettura in piena libertà, senza limitazioni di tipo morale. Lo spirito libero di Rochamp riesce ancora una volta a far vivere un'idea, una forma e una funzione in un unico "individuo": questa è architettura.


Bibliografia:

“Storia dell’architettura moderna” di Bruno Zevi
“Vita e opere di Le Corbusier” di Tentori Francesco 1983
“Le Corbusier” di Sadea Sansoni
“ Verso un’architettura” di Le Corbusier

Foto di...

4 commenti:

  1. Un pugno in un occhio.
    Peggio delle case popolari!
    OH MY GODNESS!!

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  2. danx fidati 'un c capisci veramente nulla.
    Spero tu non sia architetto..rovineresti il mondo

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  3. alla faccia dell'impatto ambientale!! tante cose sopraffini di le C. ma questa... NO! e ci ho anche dormiyo dentro...

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  4. è stupenda!!
    provate a farci un giro dentro e capirete!!

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